- Usi civici e domini collettivi sono tracce di un uso comunistico del territorio di origini antichissime.
- Si tratta però di forme organizzative che non solo non sono scomparse, ma che presentano anzi ancora oggi importanti aspetti economici, ambientali e sociali.
- Tali diritti sono stati esercitati da tempo immemorabile.
- Sono stati la prima forma di organizzazione delle comunità e il primo livello di partecipazione alla cosa pubblica.
Scrive Barbacetto (“Tanto del ricco quanto del povero”):
“Non è facile, oggi, capire che cosa significasse, nella quotidianità, l’appartenenza ad una comunità di villaggio.
Le condizioni disagiate della vita di un tempo, le distanze maggiori di quelle odierne, l’insediamento aggregato in piccoli nuclei, il lungo isolamento di alcune comunità nei mesi invernali, la mentalità di quei tempi, votati, come s’è detto, al particolarismo, ma anche al collettivismo; ed infine le necessità di collaborazione nei lavori agricoli e forestali, in una terra alpina magra ed avara, facevano sì che le comunità (pur se formate da gruppi familiari di diverse possibilità economiche, talvolta in aspro conflitto) si presentassero, verso l’esterno, come aggregati chiusi, solidali, gelosi dei propri privilegi, poco o punto propensi a farne parte con estranei; ed all’interno, come comunità saldamente legate in una rete di solidarietà, scambi, rapporti ed obblighi reciproci: tra individui e famiglie, e di ciascuno di essi con la collettività tutta.”
La comunità di villaggio costituiva quindi la struttura fondamentale dei territori montani in quasi tutti gli aspetti della vita, intervenendo sui rapporti sociali, influenzando sul lunghissimo periodo comportamenti collettivi e strategie produttive.
Tra gli abitanti del villaggio vigevano obblighi morali, ma anche giuridici, dotati di severe sanzioni, come la partecipazione di almeno un membro di ciascuna famiglia ai lavori collettivi o il prestare assistenza in caso di bisogno. Organo fondamentale del Comune era la Vicinia, assemblea dei capifamiglia residenti nella villa, che aveva giurisdizione su uno spazio ben circoscritto e definito in cui operavano precise norme consuetudinarie o disposizioni statutarie che regolamentavano i diritti e gli obblighi degli appartenenti alla comunità e il funzionamento dell’apparato di governo locale.
L’assemblea dei capifamiglia eleggeva, con cadenza più o meno annuale, una sorta di giunta costituita dal Meriga e dai Giurati.
Le terre comuni a confine dei villaggi (nucleo fondante delle attuali proprietà collettive) avevano una funzione di confine fra territori contermini.
Ma avevano anche e soprattutto un valore simbolico e culturale: paludi, boschi e pascoli rappresentavano una sorta di soglia ideale per difendere i propri valori e la propria identità, una soglia oltrepassata la quale si diveniva migranti e foresti in terre ignote ed insicure.
L’esistenza di un patrimonio fondiario vastissimo di uso collettivo costituiva dunque l’elemento materiale su cui fondare la coesione sociale, l’unità e l’identità di villaggio.
Lo sfruttamento dei comprensori forestali garantì l’afflusso ininterrotto di risorse finanziarie in taluni casi anche notevoli, inserendo villaggi apparentemente emarginati in un regime di scambi economici di notevole rilievo.
Ruolo attuale
Pur trattandosi di un unico fenomeno di godimento di diritti comuni da parte di un’intera collettività, diritti consistenti nel trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque, sotto l’etichetta “usi civici” o “beni collettivi” si comprendono almeno tre differenti tipologie:
- usi civici sulla proprietà privata, ossia diritti di godimento su un terreno di proprietà altrui;
- proprietà collettive “aperte” o terre civiche, sulle quali la collettività non divide il godimento con nessun altro proprietario, dove per collettività si intendono tutti gli abitanti residenti in una certa zona;
- proprietà collettive “chiuse”, al cui godimento sono ammessi i residenti che siano anche discendenti dagli antichi originari.
Le proprietà collettive sono assimilabili a quelle demaniali in quanto ne condividono alcune qualità fondamentali.
In particolare, a causa della storica necessità di preservarne il godimento da parte dell’intera collettività ed evitare che esse venissero parcellizzate da parte di usurpatori privati, le proprietà collettive sono caratterizzate da – inalienabilità (non possono essere vendute salvo particolari deroghe) – indivisibilità – non sono soggette ad usucapione, ovvero non possono essere acquisite in proprietà in base al perdurare del possesso per un determinato periodo di tempo – hanno perpetua destinazione agro-silvo-pastorale.
La distinzione tra usi civici sulla proprietà privata e terre collettive presenta notevoli conseguenze di carattere socio-economico e politico-territoriale.
Infatti, mentre i primi sono destinati a scomparire nel futuro, le terre collettive rappresentano una variabile di estremo interesse potenziale per l’intera collettività così come per le future generazioni.
In primo luogo, ruolo fondamentale delle terre collettive nello sviluppo rurale è quello di tutela dell’ambiente e di difesa di boschi e pascoli dal degrado urbanistico e territoriale.
Se è vero, infatti, che lo sviluppo sociale ed economico non può essere fermato, è altrettanto sensato ripensarlo secondo logiche più razionali che considerino il territorio, le risorse idriche ed il paesaggio come beni preziosi da tutelare.
Le terre collettive, dunque, possono rappresentare l’offerta di aree verdi e di riserve e parchi naturali per la quale esiste una forte domanda, correlata peraltro proprio con lo sviluppo delle aree urbane.
Oltre a ciò, la conservazione del patrimonio forestale assume un peso importante nella difesa del territorio dal dissesto idrogeologico e nella tutela delle biodiversità.
La tutela delle terre collettive, in secondo luogo, può essere compatibile con la loro valorizzazione per scopi ricreativi: lo sviluppo di un turismo rispettoso dei luoghi e delle risorse naturali, ad esempio, può rappresentare una valida forma di sviluppo sostenibile del territorio con evidenti vantaggi economici per le collettività locali.